Sembra un banale mal di schiena. Si pensa per anni a posture scorrette e sforzi fisici a carico della colonna vertebrale, invece si scopre che si tratta di Spondilite anchilosante (Sa). Malattia poco conosciuta ma per la quale è necessaria una diagnosi precoce. Lo afferma Ilaria D’Emilia, reumatologa dell’Istituto Neurotraumatologico Italiano dove è responsabile del Centro Antares per Farmaci Biologici.
“La Spondilite Anchilosante è una patologia infiammatoria cronica immuno-mediata. Nel gruppo delle malattie reumatiche infiammatorie, la Sa è la diagnosi più comune dopo l’Artrite Reumatoide. La sua prevalenza varia dallo 0,01 al 0,5%, con un’incidenza 3 volte maggiore nel sesso maschile e la sua massima incidenza è in età giovane-adulta, in genere prima dei 45 anni – spiega l’esperta -. In un’alta percentuale dei casi, la diagnosi resta misconosciuta per alcuni anni”. La ragione di questo ritardo nella diagnosi, chiarisce D’Emilia, “sta nel fatto che il sintomo di esordio della malattia è spesso una lombalgia persistente. Solo dopo un’attenta valutazione, da parte di uno specialista, è possibile sospettare la natura infiammatoria di tale lombalgia ed arrivare ad una diagnosi più precoce”. Oltre al mal di schiena, gradualmente, giungono altri sintomi che rendono inequivocabile la diagnosi: postura scorretta durante i movimenti, difficoltà nel flettersi, fino a sviluppare persino una difficoltà nella respirazione, per coinvolgimento della muscolatura respiratoria. In quel momento purtroppo, i danni causati dalla malattia non sono reversibili.
Ovviamente, il ritardo nella diagnosi si riflette su un ritardo nel trattamento farmacologico; viceversa la diagnosi precoce, spiega, “dato il ricco armamentario farmacologico di cui oggi disponiamo, costituisce la condizione fondamentale per arrestarne l’evoluzione. Negli ultimi anni, l’utilizzo delle tecniche raffinate di imaging, in particolare della Risonanza Magnetica, ha contribuito a diagnosticare la Spondilite Anchilosante nelle fasi precoci di malattia, ancor prima che vi sia la positività radiografica. Ciò ha permesso di identificare pazienti con a cui offrire l’opportunità di un trattamento precoce”. Quanto ai farmaci, l”introduzione, negli ultimi 20 anni, dei Farmaci Biotecnologici ha cambiato radicalmente la storia di questa patologia. E “ancor più recentemente – rileva D’Emilia – la terapia si è arricchita di nuove molecole inibitorie coinvolte nella patogenesi della malattia. Oggi, siamo sempre più vicini all’obiettivo di identificare il paziente affetto da Spondilite Infiammatoria in fase molto precoce di malattia, anche pre-radiografica, e di trattarlo con molecole sempre più specifiche, con lo scopo di ritardare, o meglio, di evitare – afferma la reumatologa – l’evoluzione verso la fase ‘anchilosante'”. Notevole importanza riveste anche la terapia fisica: una rieducazione posturale globale, fatta da terapisti esperti, per mobilizzare la colonna bloccata, associata a ginnastica respiratoria per contrastare la tendenza ad una forma costrittiva di insufficienza respiratoria.
Sono inoltre indicati tutti gli sport che coinvolgono il movimento della colonna e non causano un aumento del dolore, primo fra tutti il nuoto.
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