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La tragedia di Cutro denota la debolezza delle risposte politiche messe in atto. UE, dove sei?

Redazione

L’ottava newsletter non poteva che essere dedicata all’immane tragedia di Cutro.

Il 26 febbraio 2023 è accaduta l’ennesima tragedia che bagna di lacrime e sangue il Mediterraneo, in particolare il mar Ionio, area storicamente evoluta in funzione dello scambio umano, culturale ed economico. Un barcone proveniente dalla Turchia, con a bordo 180 persone che per questo viaggio avevano pagato circa 2.500 euro, arrivata sulle rive delle spiagge di Cutro, a circa 10 km dalla città di Crotone, si è imbattuta su una secca e si è spezzata in due. Sono finora 79 i corpi recuperati, tra cui 13 bambini e 33 donne. Una tragedia tanto barbara quanto assurda, consumatasi in uno spazio che ha contribuito a formare la nostra identità di europei. I fatti accaduti mettono in luce la poca efficacia di una politica di cooperazione che dovrebbe focalizzarsi proprio nella tutela e nella valorizzazione di questo spazio, promuovendo scambi umani e culturali e soprattutto sicurezza. Alla luce di ciò che è successo e considerando che, per quanto drammatico, questo non è un caso isolato, dobbiamo purtroppo pensare che l’identità europea, sulle quali dovrebbero ergersi le politiche di cooperazione, abbia dimenticato se stessa. Il Mediterraneo è uno spazio vitale che deve essere curato, promosso e tutelato non soltanto a livello ambientale, commerciale e, con qualche sforzo, culturale. Esso deve, prima di tutto, essere tutelato in termini umani, quale spazio di uomini artefici della costruzione della ‘civiltà europea’ per dirla con le parole di L. Febrè.

‘’Adotteremo un approccio umano e umanitario. Salvare vite in mare non è un’opzione. E quei paesi che assolvono i loro doveri giuridici e morali o sono più esposti di altri devono poter contare sulla solidarietà di tutta l’Unione europea… Tutti devono farsi avanti e assumersi la propria responsabilità”.

Leggendo questa frase sulla Comunicazione della Commissione Europea del 2020, intravediamo una luce di speranza e di interesse da parte dell’UE. Difatti le politiche europee in materia di tutela del Mediterraneo e protezione dei diritti sono numerose. Ricordiamo la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS): Questa convenzione è stata adottata nel 1982 e stabilisce i diritti e le responsabilità degli Stati in mare aperto, compresi i diritti dei migranti in transito. In particolare, l’UNCLOS richiede che gli Stati prestino soccorso alle persone in mare in difficoltà e che garantiscano il diritto di accesso al territorio e al processo di richiesta di asilo. Un’altra delle principali iniziative è la creazione della “Politica Comune dell’Immigrazione e dell’Asilo” (PCIA), che mira a creare un quadro comune per l’immigrazione e l’asilo in tutta l’Unione Europea. La PCIA mira a garantire un approccio comune in materia di accoglienza, protezione e integrazione dei migranti, nonché di lotta contro la tratta di esseri umani. Infine, l’UE ha anche creato il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI), che fornisce finanziamenti per la gestione dei flussi migratori e l’integrazione dei migranti nei paesi membri dell’UE. Il fondo sostiene anche progetti per migliorare le condizioni di accoglienza dei migranti e per prevenire la discriminazione nei loro confronti.

Parole quali cooperazione e solidarietà risuonano negli appelli, nella propaganda e nelle politiche europee. Lodevole interesse ed impegno, certamente, ma ancora troppo limitato alla teoria e soprattutto alla propaganda. Si intravede infatti un approccio ‘buonista’, teso a sensibilizzare i cittadini e gli Stati Membri, basi normative, ma una parziale e poco efficiente praticità nella gestione della tematica, che resta tra le più complesse. Tale scarto tra teoria e pratica è dovuto in buona parte ad un problema di fondo che rende l’identità europea ancora debole, ovvero la dicotomia tra un’Europa sovranista ed un’Europa federalista. Tale aspetto è stato anche trattato nel mio libro ‘Possibili soluzioni di ripensare l’identità europea: una prospettiva riflessivo-informativa’.

In particolare, tale dicotomia emerge sulla questione dell’immigrazione, in quanto gli Stati costieri sono ovviamente maggiormente esposti al fenomeno rispetto agli Stati continentali. La solidarietà degli Stati continentali che, secondo le direttive europee, avrebbe dovuto investire Stati quali Italia, Grecia e Spagna è stata purtroppo molto parziale e limitata. Tali Paesi si sono trovati a gestire un enorme flusso di migranti e altresì assumere l’onore e la responsabilità di milioni di vite umane. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), nel 2020 sono stati registrati circa 96.000 arrivi via mare in Europa, mentre 1.443 persone sono morte o sono scomparse nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Dal 1 gennaio 2014 al 31 dicembre 2020, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) ha registrato la morte di almeno 19.178 migranti lungo le rotte migratorie del Mediterraneo. Di questi, almeno 16.714 sono annegati nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Nonostante questi numeri colpiscano, o dovrebbero colpire, il cuore tanto dei cittadini quanto delle istituzioni, tali dati in verità non sono effettivi, in quanto sono soltanto i morti registrati. I numeri dei morti e degli sbarchi potrebbero essere molti di più.

Tuttavia, negli anni ci sono state forme di solidarietà in termini di aiuti economici ed umanitari da parte della Germania, Francia e Malta, dimostrando che comunque, per quanto complessa, una cooperazione può comunque sussistere. Ma resta comunque il fatto che il problema della tutela e la protezione del Mediterraneo in termini di transito e diritti umani deve essere alla radice della cooperazione tra Stati. L’emergenza umanitaria potrebbe e dovrebbe essere prevenuta a monte, garantendo la tutela dell’accoglienza e la protezione dei migranti, che non necessiterebbero di avvalersi degli scafisti, o meglio, dei trafficanti di morte, per i loro viaggi. Immaginiamo quanti sono i sogni annegati di milioni di persone che cercano un futuro ed una vita diversa, e quale potrebbe essere il loro contributo allo sviluppo culturale e socio-economico della nostra ‘civiltà’, se soltanto le politiche di accoglienza fossero sinergiche e mirate tanto all’aiuto umanitario quanto all’investimento sociale e formativo. Ai migranti che decidono di intraprendere viaggi in Europa dovrebbe essere garantita tutela dei diritti, formazione e possibilità di integrazione, in quanto è questo il senso stesso del Mediterraneo, uno spazio di arricchimento umano e socio-culturale in continua evoluzione. Per evitare flussi cospicui, occorrerebbe monitorare e razionalizzare il numero delle partenze. Ciò ovviamente deve essere parallelo alle politiche di cooperazione già in essere nei Paesi in via di sviluppo.

Considerando la ricchezza degli Stati Europei, seppur ovviamente con gap in termini di PIL, tale proposito è tutt’altro che impossibile. Secondo i dati del Fondo monetario internazionale (FMI) del 2021, il PIL totale dell’UE è di circa 15,5 trilioni di dollari statunitensi, il che la rende la seconda economia mondiale dopo gli Stati Uniti. Ovviamente ci sono diverse sfide, come le crisi economiche, la disoccupazione, la politica, ecc.. che attanagliano l’UE. Tuttavia una corretta razionalizzazione delle risorse e soprattutto le possibilità di crescita economica legata all’investimento sull’immigrazione regolata, possono agire sinergicamente nell’affrontare le sfide comuni. Restituire allo spazio Mediterraneo il suo status e la sua funzione di crocevia di contatti umani è allo stesso tempo un recupero della memoria ed un passo in avanti per il cammino dell’Europa Unita.

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